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L'amica speciale -8-


di QualcheTrasgressione
21.01.2025    |    808    |    1 8.5
"Avrei dovuto apprezzare le profonde palpate al seno, un passo avanti in quella parentesi del nostro rapporto, ma era nulla rispetto a quello che io facevo a..."
Un pomeriggio ero sola, invitai la mia amica a casa. La accolsi con un abito lungo aderente, in cotone e non portavo il reggiseno. I suoi occhi andarono al mio petto, molto più pieno del suo.
«Potresti darmene un po'! Basterebbe una taglia e le avresti comunque grosse!»
Io avevo una quarta, lei una prima.
Aveva le tettine da ragazzina, appena accennate.
Allungò una mano e ne palpò una, sospirai eccitata e lei sorrise maliziosa.
Continuò a toccarmi con crescente interesse, a mano piena, prima con una mano poi le soppesò entrambe.
«Me le fai vedere?» La sua voce bassa mi sembrò incandescente, desiderai essere nuda, pronta alla sua mercé come nemmeno coi ragazzi mi era mai capitato. Abbassai le spalline dell'abito e denudai le tette, le sue mani furono sulla mia pelle e io ansimai. Le pizzicò,  le strinse con lo sguardo fisso sulle mie grosse mammelle, rapita. Le dita arrivarono ai capezzoli che, sotto il tocco, divennero di pietra. La vidi leccarsi le labbra e desiderai la sua lingua sulla mia pelle, bramai li leccasse e poi li risucchiasse in bocca.
Prese una delle mie mani e se la portò tra le gambe e i miei desideri mutarono, improvvisamente. Eravamo sedute sul letto, lei si alzò e mi incitò con piccoli gesti a toglierle i pantaloncini: sotto non aveva nulla. La fica era nuda, senza l'ombra di un pelo. Le labbra chiuse sembravano timide e innocenti, come se mai nulla le avesse varcate.
Spudorata, alzò una gamba e appoggiò il piede sul materasso. La fica si aprì, mostrò il clitoride gonfio e le mie dita lo toccarono.
«Ah, sì» disse in un sospiro. Il medio e l'anulare trovarono il suo ingresso, era un lago di lava e affondarono decise.
«Cr**to, sì!» la bestemmia mi eccitò. L'avevo sentita imprecare solo con mio padre, mi piacque essere inclusa in quel club di sproloqui. La scopai con le dita, muovendole velocemente, un dentro e fuori forsennato. Facevano un rumore osceno, tremendamente eccitante. Godeva e muoveva il bacino andando incontro alla mia mano, gemeva libera con gli occhi chiusi e il viso alto. Vedevo le sue labbra socchiuse, muoversi con il piacere che provava. Le sue mani, intanto, si erano arpionate alla mie tette, erano serrate sulle mie mammelle come fossero un sostegno. Di tanto in tanto, il pollice sfregava sui capezzoli, dandomi scosse di piacere.
Quando fu vicina all'orgasmo li prese tra due dita e, quando venne, li strizzò. Ebbi un mini orgasmo che si perse sentendo colare il suo piacere sul mio palmo. Fermai la mano, tenendo le dita dritte e rigide conficcate nella fica e lei continuò a muoversi. Godeva ancora, la troia. Il suo ansimare era così provocatorio, seducente, porco. Tolsi la mano e mi guardai il palmo, umido di umori biancastri. Lo leccai e lei strabuzzò gli occhi.
«Se ne vuoi di più, sai dove trovarlo» disse con quella voce seducente.
L'immagine della fica vogliosa e aperta mi fece dimenticare il mio desiderio di godere del suo tocco. La spinsi sul letto e lei era già lì pronta, a farsi lappare, a gambe aperte, un ginocchio raccolto contro il petto per tenere la fica aperta, in un invito sfacciato. La mia bocca le si incollò addosso, la mia lingua le fu dentro e le sue mani mi tennero la testa ferma mentre muoveva il bacino. Riprese a gemere forte, poi iniziò a parlare sporco.
«Sì, così! Scopami con la lingua! Fammi sentire quanto mi vuoi!»
La sua mano iniziò a torturare il clitoride, veloce, con movimenti impetuosi.
«Oh Cr**to! Sto per venire ancora. Più forte! Non smettere! Dio! Mi sento così troia! Oddio! Vengo! Ahhhh! Aaaaaahhhhhh!»
Gridò il suo godimento friggendomi il cervello. Ero infoiata come una cagna in calore, continuai a muovere la lingua dentro la fica succosa, a leccare e succhiare mentre con una mano mi masturbavo violentemente.
«Succhia qui!» ordinò dando uno schiaffetto al clitoride che subito imboccai.
«Più forte, succhialo forte!»
Quando lo feci si arricciò su se stessa e gridò un nuovo orgasmo.
«Dio! Che bello! Sei sua figlia!» mugolò tra i respiri affannati, ma io lo sentii bene. Un secondo dopo aggiunse subito «che Troia, che figlia di puttana sono!» Mi fu chiaro lo avesse detto solo per mascherare quella cosa che le era scappata. Inoltre, quella, era un'imprecazione senza senso.
Le sue dita ripresero a tormentare il clitoride e la mia bocca scivolò più sotto, ancora, leccando  i suoi umori.
Ancora la sentii gemere ma mi parve diversa, più controllata, non mi piaceva. Mi sollevai e le spinsi dentro le dita, volevo di nuovo quel piacere libero, totale ma non riuscii più a portarla a quei livelli.
Il pensiero di dire qualcosa di sbagliato la tratteneva.
Dopo l'ennesimo orgasmo, un po' finto, tornai a leccarla e ad occuparmi di me, ma la magia si era rotta e pochi minuti dopo mi disse che doveva andare in bagno. Mi lasciò sola a lungo, la mia eccitazione si spense e quando tornò era in ordine, vestita.
Mi chiese dei miei e, quando le dissi che mia madre sarebbe stata via per due giorni, le si illuminarono gli occhi. Prese posto sulla sedia lasciandomi sola sul letto e così mi ricomposi pure io. Era passato il momento.
Le chiesi se restava a cena ma declinò l'invito, provai a proporre un'uscita per la sera ma disse di avere già un impegno con una cugina.
Quando se ne andò sprofondai nel malumore. Avrei dovuto apprezzare le profonde palpate al seno, un passo avanti in quella parentesi del nostro rapporto, ma era nulla rispetto a quello che io facevo a lei.

Mio padre tornò dal lavoro, non avevo ancora preparato nulla ed ero pronta a essere ripresa ma lui mi sorprese parlando di una cena con alcuni colleghi. Non ci misi molto a fare due più due.
Quando mia madre chiamò, era già uscito e si sorprese anche lei per quella cena.
Papà tornò che era passata la una di notte, cercò di fare piano ma io ero sveglia. Si affacciò alla mia camera e finsi di dormire. Sentii la mia porta chiudersi, accese la TV in camera sua e poi sentii lo scatto della manopola della porta blindata. Pensai avesse controllato se aveva chiuso. Un dubbio mi sorse quando, dopo una decina di minuti, sentii alzare il volume della televisione. Mi alzai, aprii la mia porta e vidi quella della camera matrimoniale chiusa.
Era estate, faceva caldo avevamo tutte le finestre aperte speranzosi di creare aria corrente e avere un poco di refrigerio con le pale sui soffitti. Tenere le porte chiuse non era utile! Anche che avesse chiuso la mia non aveva senso!
Non volli dare importanza e tornai a letto. Dopo un tempo infinito, sentii chiaramente dei gemiti, in una pausa del vociare della TV  .
Non era possibile, no? Non poteva averla portata a casa, no?
Di nuovo mi alzai, provai a guardare dalla serratura ma vedevo solo un angolo del letto illuminato malamente dalla televisione accesa. Incollai l'orecchio alla porta e mi sforzai di distinguere i rumori ma fu quasi impossibile. C'era un rumore ritmico e ogni tanto sentivo dei gemiti. Ero certa non fosse la TV, ma poteva anche essere mio padre che si menava il cazzo con irruenza.
«Ti violento, d*o cane!» sentii distintamente e compresi che non era solo. Addossata alla porta cercai di distinguere le voci e i rumori ma più di quello non era possibile.
Poi il rumore ritmico cessò ma io restai lì, impaziente di sentire altro, di capire, fu il giro di chiave a spaventarmi, veloce entrai in camera e socchiusi la porta, mi avvicinai al letto e vidi la luce del corridoio accendersi. Pensai in un attimo: se avesse aperto la porta mi avrebbe beccata mentre mi coprivo con il lenzuolo e avrebbe potuto sospettare qualcosa, così decisi di aprirla io, indossando la maschera di chi si è appena svegliata.
Era nudo e appena mi vide trasalì e si coprì il cazzo semi eretto con le mani. Io lo salutai con noncuranza, come fossi troppo in coma per rendermi davvero conto della sua presenza. E di quanto grossa fosse la sua cappella.
«Devi andare in bagno?» chiesi con voce impastata e lui annuì. Notai che chiuse la porta della sua stanza, fino a quel momento rimasta aperta. Lo superai e andai in cucina, bevvi un sorso d'acqua e poi tornai sui miei passi. Lo trovai ancora in corridoio, con addosso dei boxer,davanti alla sua porta, chiesi se aveva già fatto in bagno e ci entrai io. Feci pipì e quando uscii lui era ancora lì, lo guardai e lui mi chiese se stessi bene.
Annuii svogliata ma gli chiesi di abbassare la televisione che la sentivo da camera mia e per sottolineare il fastidio gli dissi di aver anche bussato e provato ad entrare per abbassarla io.
Non giustificò il fatto della porta chiusa a chiave, anche se vidi la sua espressione grave a quelle mie parole e mi disse che l'avrebbe abbassato. Andai a letto e lasciai la mia porta aperta. Quando lui si apprestò a chiuderla gli chiesi di lasciarla aperta perché avevo caldo. Mi guardò fisso e gli diedi la buonanotte, chiusi gli occhi ma dopo due minuti li riaprii e lo trovai ancora lì.
«Tu stai bene?»
«Non preoccuparti per me e dormi» lo disse infastidito e restò  a guardarmi. Chiusi gli occhi e lo sentii entrare in bagno, sentii l'acqua scorrere. Quella risposta e quel tono mi fece venire voglia di dargli fastidio ma senza fare nulla di che: accesi la lucina sopra la mia testa, sulla mensola e presi in mano un libro.
Quando uscì dal bagno mi chiese perché non stessi dormendo e gli dissi che mi era passato, che magari leggendo riuscivo ad addormentarmi in fretta. Lui entrò in camera sua e chiuse la porta e ci mise un bel po' prima di abbassare il volume della TV.  Dopo dieci minuti tornò in corridoio mi gettò uno sguardo e io gli sorrisi fingendo di tornare a leggere. Andò in cucina e tornò con la bottiglia dell' acqua, entrò in camera e ne uscì dopo qualche minuto. Tornò in cucina e tornò con una scodella, entrò in camera e poi ne uscì di nuovo, tra le mani aveva un asciugamano appallottolato. Capii che quel andirivieni era dovuto a lei, alla troia che aveva nel letto. Probabilmente quando lo avevo trovato nel corridoio stava sondando la situazione per lei, che potesse andare in bagno.
Tornò in camera e ci rimase una ventina di minuti, poi la sua porta si aprì e lo vidi fermo sulla porta a guardarmi.
«Papi ma stai bene? Hai bisogno di qualcosa?»
«No, è che ho mal di stomaco... Forse è meglio che chiudo la tua porta, prevedo di fare avanti e indietro dal bagno molte volte.
Acconsentii e chiuse la porta. Dopo qualche minuto sentii scattare la chiusura della porta del bagno e lo scorrere dell'acqua.
Silenziosa mi alzai e aprii la mia porta, restai in ascolto e sentii dei sussurri. Mi affacciai in camera matrimoniale e trovai il letto disfatto, le lenzuola erano arrotolate sul pavimento, anche quelle con gli angoli erano state tolte.
La finestra era chiusa anche se era estate, le pale sopra il letto giravano e spargevano odore di sborra e sudore per la stanza.
Nel bagno l'acqua continuava a scorrere, avrei voluto bussare per metterli in allarme, invece entrai in camera e mossi le lenzuola, cercai di districarle. Erano umide al tatto e vidi delle macchie rosse oltre alle altre.
Tornai sui miei passi e mi sdraiai nel letto. Spensi la luce. Dopo mezz'ora la mia porta si aprii e io finsi di dormire.
«Dorme» sentii sussurrare da lui.
«Era ora, cazzo!» disse piano una voce femminile.
«Ma non possiamo fare rumore» si lamentò mio padre mentre chiudeva la porta.
Dopo un po' sentii dei gemiti. Invidiai l'insaziabilitá dei due.

La mattina li sentii uscire presto, mio padre doveva andare al lavoro. Mi chiesi come, dato che aveva passato quasi tutta la notte con il cazzo duro.

A metà mattina chiamai la mia amica ma, la madre, mi disse che la sera prima era andata a dormire dalla sua amica di scuola e non era ancora tornata. A me aveva detto che aveva un impegno con la cugina.
Nel pomeriggio mi chiamò e mi chiese se potevamo vederci. Io ero ancora sola e venne da me.
«Devo raccontarti, sono stata con lui» disse per invogliarmi, come se servisse. Il pensiero che stesse venendo per raccontarmi di quella notte di cui già sapevo qualcosa, mi spinse a masturbarmi fino al suo arrivo. E anche dopo
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